EATALY A NEW YORK

Riporto di seguito l'articolo di OSCAR FARINETTI pubblicato sull'edizione on line de "La Stampa".

L'articolo parla dell'apertura a New York del nuovo punto vendita della catena di negozi di EATALY. Ho deciso di pubblicarlo perché sarà sicuramente l'occasione per una maggiore diffusione dei prodotti tipici italiani ma soprattutto piemontesi, visto che le radici di EATALY sono in Piemonte. Il blog www.cucinapiemontese.blogspot.com non poteva quindi esimersi dal dare risalto a questa notizia che riguarda anche la cucina piemontese.


La Grande Mela oggi sposa il gorgonzola


OSCAR FARINETTI

Il primo dubbio, che poi è stato anche la mia prima rivelazione, l’ho avuto a Union Square. Un banco di frutta vendeva pere del New Jersey e io ne acquistai una con la speranza - nemmeno troppo inconfessata - che non avrebbe retto il paragone con le nostre. Dire che, assaporandone la polpa zuccherina, io sia letteralmente caduto dal pero è un fin troppo facile gioco di parole, però rende l’idea.


Oggi, qui a New York, s’inaugura Eataly; ma non è l’Eataly che avevo immaginato tre anni fa, la prima volta che iniziai a girare Manhattan in lungo e in largo alla ricerca di un luogo adatto per aprire negli Usa. Non lo è perché, dopo quella pera, le cose non sono più state le stesse. Quel frutto mi ha regalato il dubbio, il meraviglioso dubbio, che qui non tutto fosse hamburger e patatine; che anche qui ci fosse una cultura del cibo; che esistessero contadini e allevatori innamorati della loro terra e dei loro animali; soprattutto, che qui io potessi imparare e fare meglio.


Confesso che, all'inizio, il mio atteggiamento era stato di superiorità: appena Eataly apre - mi dicevo - questi yankee scopriranno finalmente le gioie del cibo. Mi pareva fin troppo facile per uno che «importa» delizie italiane. Invece no. Presto ho scoperto una varietà straordinaria di frutta, verdura, cereali. Le farine e le semole, per esempio, qui hanno valori di proteine e glutine impensabili in Europa. Dovevo cambiare strategia; cambiare idea. Soprattutto dovevo - e volevo - capire com’era possibile questa incredibile varietà. Non è stato difficile: è bastato guardarmi intorno.


Qui a New York - come nel resto degli Stati Uniti - s’incrociano ogni giorno etnie, religioni, tradizioni, storia, culture (anche enogastronomiche, certo). Qui, come in nessun’altra parte del mondo, si fanno quotidianamente innesti e incroci, e non parlo soltanto di agricoltura e allevamento. Perciò quel dubbio, inizialmente legato al mio lavoro, mi ha permesso una nuova visione delle cose.


Ho seguito con passione quanto il sindaco di New York Michael Bloomberg ha detto circa la costruzione di una moschea a due isolati da Ground Zero, appoggiandola fermamente. Questo è vero spirito di tolleranza e accoglienza; questa è capacità di discernimento: saper distinguere, senza preconcetti, i «buoni» dai «cattivi». In qualunque campo questo discernimento si applichi: dal «semplice» cibo fino alla politica.


Perciò sono così fiero e grato che sia lui, oggi, a inaugurare Eataly. Taglierà un nastro tricolore fatto di pasta fresca e terrà qui la sua conferenza stampa settimanale.


Con questo gesto New York ci accoglie ufficialmente, come già ha fatto l’America con tutti quegli immigrati italiani passati per Ellis Island i cui figli, nipoti e pronipoti sono oggi cittadini statunitensi, integrati, fedeli alla loro Costituzione e pronti a loro volta ad accogliere, perché è questa la loro storia.


Se una delle chiavi della grandezza americana è prendere da ciascuno il meglio che sa dare, e darlo quindi all’intera società, l’Eataly che oggi apre a New York sposa questo spirito. Metà prodotti statunitensi, metà prodotti di casa nostra e savoir-faire italiano al 100 per cento. Sempre. Così carne, pesce, verdura, farina, latte e uova saranno Made in Usa: perché sono prodotti straordinari, accuratamente selezionati, e ci danno il vantaggio di tenere ben saldo il principio «eataliano» di Chilometro Zero, ovvero di privilegiare prodotti del territorio. L’altra metà dei cibi sugli scaffali e nei ristoranti sarà invece italiana: tutto quanto, secondo noi, meritava di essere esportato, e non è poco.


Poiché quello che si inaugura oggi è il più vasto mercato di prodotti italiani mai visto, finora, su suolo americano, era nostro dovere mostrare - pur nel nostro piccolissimo - come mettere insieme le diversità possa dare grandi risultati. Provate, se vi capita, la bagna càuda con gli swiss chard e capirete che cosa intendo. E, se ancora avete dei dubbi, mettete nello stesso piatto una fetta di gorgonzola di Novara e una pera del New Jersey. Poi ne riparliamo.


Articolo tratto da http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7767&ID_sezione=&sezione=

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